Agli antipodi della Ferrari: la LIFE

Tutto nasce da un'idea. L'idea di un motore W12 (avete letto bene, non è un errore) che nasce dalla mente dell'ingegnere ex-Ferrari Franco Rocchi. Secondo l'idea di Rocchi, il motore dovrebbe avere tre bancate di quattro cilindri. L'idea si trasforma in realtà nella prima parte del 1989, ed il manager italiano Ernesto Vita, forse affascinato dall'idea, forse voglioso di denaro, decide di acquistarlo per girarlo a qualche team, ma senza successo.
Vita non si perde d'animo, dalle parole passa ai fatti e decide di iscrivere una monoposto nel campionato mondiale di F1, che avrà nell'innovativo motore W12 ideato da Rocchi una caratteristica unica. La base della vettura è la stessa che venne realizzata dal tecnico Gianni Marelli per la First Racing di Lamberto Leoni nel 1989, prima che il team manager di Agrate rinunciasse all'avventura nella massima formula. Rispetto alla First, la Life ha misure leggermente diverse per via dei maggiori ingombri del motore. Il pilota scelto per portare al debutto la macchina, denominata L190, è Gary Brabham, figlio del grande Jack.
L'esordio, previsto sul circuito di Vallelunga, dura due giri, ad andatura ridotta giusto per dimostrare che il sogno Life è una realtà. Poi dei test più concreti a Monza, una decina di giri iniziali costellati da problemi di elettronica, poi, dopo una sosta ai box, altri venti giri senza problemi di rilievo.

Poi, la partenza per l'America, verso Phoenix, Arizona. Rispetto alle recenti prove, viene montato un nuovo rollbar di sicurezza. Nelle prequalifiche però, la vettura percorre soltanto quattro giri, prima di rimanere in panne per problemi all'impianto elettrico. Il ds Barbasio, ex rallista, spiega: "I nostri problemi sono legati più all'impiantistica che al motore. Chiaro che per poter vedere qualche risultato concreto bisognerà effettuare dei test privati. La prima cosa che chiederò al titolare della squadra è di svolgere dei test non appena saremo tornati in Italia." Intanto però sotto accusa ci sono il responsabile tecnico Marelli, e pure Gary Brabham.

 

Due settimane dopo Phoenix, ecco Interlagos. Nessun cambiamento sulla monoposto, vista la vicinanza dei due impegni e la lontananza dall'Italia. E nessuno si aspetta dalla Life il superamento dello scoglio delle prequalifiche, in questo caso però Brabham non riesce a compiere neppure un giro: succede che 500 metri dopo essere uscito dai box per il suo primo passaggio, Gary si ferma sul percorso con la monoposto ammutolita. La causa? Batteria scarica. Era accaduto che la notte antecedente le prequalifiche, i meccanici della Life avevano messo sotto carica le batterie, solamente che per qualche ora, e all'insaputa di tutti, la corrente era stata tolta per dei lavori...
Dopo il weekend brasiliano, la Life interrompe il suo rapporto con Gary Brabham. Per ora lo sviluppo della vettura viene affidato al tester Franco Scapini, ma si parla di Bernd Schneider. "Ho troncato il mio rapporto con la Life - dice Brabham - perché sono convinto che non possa progredire nella mia carriera rimanendo nella squadra di Vita." La Life intanto sostiene una sessione di prove a Misano col collaudatore Scapini. Il test è positivo perché finalmente si sono trovate delle risposte ai problemi: a Interlagos la batteria si scaricava anche per un guaio alla centralina. Scapini riesce a fare una ventina di giri con un tempo di 1'04" che ridà morale alla squadra. Intanto, in attesa delle decisioni di Schneider, il team intende modificare l'impianto elettrico per poter tornare in pista dopo Pasqua.

Prima della gara di Imola, nell'attesa che a Franco Scapini venga data la superlicenza, prende corpo l'ipotesi che a Gary Brabham possa subentrare Bruno Giacomelli. Chiamato a svolgere un test sulla pista di Misano, il bresciano effettua una ventina di giri, e resta soddisfatto del potenziale della monoposto e del motore. Pure Giacomelli però ha problemi di Superlicenza, e quindi il team sembra ora puntare su Antonio Tamburini, che ha già fatto qualche giro con la Coloni. Alla fine però Giacomelli riesce ad ottenere la licenza, e può scendere in pista ad Imola. Anche se per un solo giro: infatti sulla Life si rompe la cinghia che comanda la pompa dell'olio, ed il sogno di ben figurare in casa svanisce, dopo aver inondato di olio la pista...

 

Due settimane dopo, ecco l'appuntamento sulle stradine del Principato di Monaco, dove la squadra si presenta con un nuovo partner, la sovietica Pic, una industria bellica in via di riconversione che ha sede nella vecchia Leningrado con cui Vita ha concluso un accordo di interscambio che prevede da parte italiana il trasferimento di know-how e l'istituzione di corsi di specializzazione per i tecnici locali, mentre i russi metteranno a disposizione materiali (sono specializzati nella lavorazione del titanio e delle fibre) e conoscenze aerodinamiche visto che la Pic sino ad oggi è stata principalmente un'azienda aeronautica. A Montecarlo Giacomelli riesce a completare "ben" otto giri, ma il suo tempo, di 1'41"1, è lontano anniluce dall'ultimo dei prequalificati: addirittura con quel tempo non si qualificherebbe neppure per la gara di Formula 3! Intanto, Vita annuncia che dal Gran Premio di Germania la Life sarà equipaggiata con l'otto cilindri Judd, mentre il W12 di Rocchi sarà sviluppato in sede. Per la trasferta nordamericana nel frattempo la squadra andrà avanti con una sola scocca e tre motori dodici cilindri. Una seconda scocca è in via di completamento, e servirà per montare il motore Judd.

 

In America, però, le cose continuano ad andare storte. A Montreal Giacomelli gira pochissimo e lentissimo, l'unica novità viene dalla presenza di Peter Wyss, ex Rial e March, alla direzione della squadra emiliana. A Città del Messico, Bruno sparisce di scena dopo aver fatto un solo giro bloccato dalla rottura della batteria.

Il ritorno in Europa non porta novità migliori: al Paul Ricard Giacomelli riesce a compiere solo trecento metri prima che cedesse l'alberino della pompa della benzina della vettura. Anche a Silverstone la vettura si ferma ben presto lungo il tracciato e deve rientrare al traino... Ad Hockenheim, non c'è il motore Judd, ma ancora il W12; Giacomelli stavolta riesce a completare 5 giri, ma ancora girando in tempi altissimi. Altrettanti giri Bruno riesce a compiere a Budapest, identica sorte nei rilievi cronometrici. In Belgio il povero Giacomelli deve attendere 45' prima che i meccanici riescano a sgelare la bombola dell'aria compressa e mettere prima in moto la sua vettura...

 

Anche a Monza non c'è speranza per il team di Ernesto Vita: nei soli due giri compiuti, Giacomelli è più lento di venti secondi rispetto al penultimo delle prequalifiche, Langes... Finalmente in Portogallo arriva sulla monoposto l'otto cilindri Judd, ma il montaggio del motore viene ultimato a prove iniziate, e così Giacomelli non può compiere nemmeno un giro. In Spagna non ci sono problemi di montaggio, ma di lentezza in pista... Ancora una volta, ci sono una ventina di secondi fra la Life e gli altri. Così Ernesto Vita decide di rinunciare alla doppia trasferta in Giappone e Australia. "Che senso ha presentarsi in pista - dice Vita - per venti minuti con un motore che lamentava dei problemi elettrici, senza la possibilità di cavare un ragno dal buco? Abbiamo preferito fermarci per fare delle prove serie, al banco, con l'8 cilindri Judd e risolvere i guai che ci stanno affliggendo." E rilancia: "La Life non chiude, anzi, abbiamo ingaggiato Stephen J. Felton quale tecnico che disegnerà la vettura nuova. E' un giovane con esperienza alla March." Nessuno però ci crede più, ed il sogno di Ernesto Vita finisce senza neppure aver avvicinato una prequalificazione.