Forti, ma non abbastanza

La Forti Corse viene fondata verso la fine degli anni '70 dall'ex pilota e ora uomo d'affari Guido Forti e da Paolo Guerci. Inizialmente il team corre in Formula Ford e in Formula 3, dove conquista ben tre titoli italiani con Franco Forini, Enrico Bertaggia and Gianni Morbidelli.
Nel 1987, la Forti Corse sale in Formula 3000, ma invece di utilizzare i collaudati telai Lola, March e Ralt, Forti sceglie di correre con una monoposto completamente nuova progettata dall'ingegner Giampaolo Dallara, la 3087, monoposto che poi sarebbe stata usata una tantum dalla BMS Dallara per fare il proprio debutto in Formula Uno a Rio nel 1988. La vettura però è troppo acerba, ed il pilota, Nicola Larini, non ottiene risultati di rilievo. L'anno successivo Forti cambia monoposto, passando ad una Lola, e si affida a Bertaggia che, se in F.3000 non riesce a conquistare alcun punto, in F.3 ottiene una bella vittoria nel Gran Premio di Montecarlo. Nella prima metà degli anni '90, i pilota della Forti Corse ottengono nove vittorie in gare di Formula 3000, con Emanuele Naspetti che nel 1991 conquista quattro successi di fila. Il titolo però non arriva: lo stesso Naspetti nel '91 finisce il campionato al terzo posto, mentre l'anno successivo Andrea Montermini, arrivato a metà stagione dalla scuderia del Barone Rampante, conclude secondo.

Nel 1993, però, Forti ha la fortuna di ingaggiare Pedro Paulo Diniz; il brasiliano non è esattamente un fulmine in pista, però ha alle spalle una famiglia molto ricca, e soprattutto fa conoscere a Forti Carlo Gancia, uomo d'affari italo-brasiliano. Gancia acquisisce la parte di società di proprietà di Guerci, diventando co-proprietario del team, e comincia a lavorare sull'ambizioso progetto che Forti aveva in mente da tempo ma che non poteva attuare per mancanza di fondi: portare la Forti Corse in Formula Uno. Stavolta i fondi ci sono, provengono da numerose compagnie brasiliane, dalla Parmalat, e dalla catena di supermercati Arisco di Abílio dos Santos Diniz, il papà di Pedro, ricchissimo uomo d'affari brasiliano.

Il team affida la progettazione della Forti FG01/95 agli esperti ingegneri Giorgio Stirano e Giacomo Caliri, con l'assistenza di Sergio Rinland, che ha un certo legame di parentela con la nuova monoposto: la FG01/95 infatti è figlia della Fondmetal GR02, opera di Rinland. Dopo la chiusura della Fondmetal, Forti aveva acquistato tutti i ricambi e le scorte, e aveva quindi contattato Rinland affinché progettasse una monoposto evoluzione della GR02. In quel periodo, però, Rinland viveva in California e lavorava ad un progetto per la ChampCar. Forti quindi aveva mandato il suo capo-progettista di allora, Chris Radage, in America per avere tutte le informazioni tecniche, i dati e i progetti da Rinland, per poter progettare e sviluppare la nuova Forti FG01. Una volta rientrato in Europa, Rinland raggiungeva il team ad inizio 1995 per un breve periodo in qualità di direttore tecnico, con il ruolo di supervisore al lavoro di Stirano e Caliri.

Sfortunatamente, la FG01 non sembra promettere molto di buono. Ha delle forme squadrate e corpulente, ha il muso ingombrante, non ha airbox, ed è troppo pesante e poco potente, dato che usa un motore Ford ED V8 clienti finanziato dalla Ford brasiliana. E' anche l'unica macchina fra quelle della stagione '95 ad avere ancora il cambio manuale. Il primo pilota del team è naturalmente Diniz, debuttante in Formula Uno, mentre come seconda guida il prescelto è Roberto Moreno. Diniz padre infatti preme affinché entrambi i piloti siano brasiliani. Nelle prime corse di stagione, la vettura dimostra di essere lenta in modo imbarazzante, a dispetto dei numerosi test svolti, però almeno ha il pregio dell'affidabilità. Diniz conclude al decimo posto il primo Gran Premio stagionale, in Brasile, anche se a sette giri dal vincitore Michael Schumacher. In Argentina, entrambi i piloti giungono al traguardo con Diniz davanti a Moreno, però addirittura a nove giri di distacco da Damon Hill, e non vengono classificati perché non hanno completato almeno il 90% della distanza totale. A Imola, le due Forti concludono ancora il Gran Premio, ma con sette giri di distacco dai migliori. Il confronto con le altre sorelle povere del Circus, Pacific e Simtek, è impietoso per la Forti.

Fortunatamente, il budget a disposizione permette dei miglioramenti alla vettura gara dopo gara: il peso della FG01 viene ridotto di oltre 60 kilogrammi rispetto all'inizio di stagione, vengono ridisegnati il musetto, l'ala anteriore, il posto di guida, la monoscocca, l'airbox, e viene sviluppato un cambio semi-automatico. Tutto questo mentre la Simtek chiude i battenti, e la Pacific, in difficoltà finanziarie, si trova costretta a chiamare dei piloti con la valigia piena di dollari al posto del titolare Gachot. Improvvisamente la Forti si ritrova più competitiva, tanto che in qualifica Moreno e Diniz iniziano a precedere sempre più spesso le Pacific, anche se a metà stagione accusa qualche inconveniente meccanico di troppo. A partire da Spa-Francorchamps, la Forti però ritrova l'affidabilità, e, ad Adelaide, nell'ultimo Gran Premio dell'anno, la FG01 compie l'exploit più significativo: in qualifica Moreno riesce a stare per la prima volta entro il limite del 107% rispetto al tempo della pole position, una regola che verrà introdotta a partire dall'anno successivo per determinare il limite oltre il quale non si potrà essere ammessi al via. In gara, anche a causa di una notevole selezione, Diniz conclude al settimo posto, davanti alla Pacific di Gachot. Resterà il miglior risultato della Forti in Formula Uno.

Con un anno di esperienza alle spalle e una situazione finanziaria solida, la Forti sembra avere tutte le carte in regola per poter ben figurare nel 1996, ed anzi avvia delle trattative con la Cosworth per avere dei motori più potenti rispetto agli ormai obsoleti ED. Purtroppo però una tegola sta per cadere sulla squadra: Pedro Diniz firma per la più competitiva Ligier e se ne va. Tutti gli sponsor che sono legati a Diniz, Parmalat e Marlboro comprese, lasciano il team; Forti si ritrova improvvisamente con un budget notevolmente ridimensionato. Lo staff tecnico però è ancora più che buono: Sergio Rinland è il nuovo direttore tecnico mentre come team manager viene ingaggiato Cesare Fiorio. Il debutto in pista della nuova macchina viene posticipato, e il team è costretto ad iniziare la stagione utilizzando il modello dell'anno precedente modificato, chiamato FG01B, e dotato di un motore V8 Ford Zetec-R V8, che non è quanto nel team speravano. Sul fronte dei piloti, a Diniz e Moreno, quest'ultimo ritiratosi dalla Formula Uno, subentrano Luca Badoer ed Andrea Montermini, che portano in dote qualche piccolo sponsor, come la Replay, la ITS e la TAT.

A Melbourne, primo appuntamento della stagione, Badoer e Montermini non riescono a rientrare entro il limite del 107%, ma nessuno si sorprende più di tanto. La sorpresa arriva ad Interlagos, dove entrambi i piloti riescono a qualificarsi, mentre Badoer addirittura conclude il Gran Premio in undicesima posizione. L'impresa si ripete in Argentina, con due vetture al via e una al traguardo, quella di Montermini, che finisce decimo, mentre si vivono attimi di paura per Badoer che si capota dopo essere stato tamponato da Diniz che lo stava doppiando. Durante il Gran Premio d'Europa al Nurburgring, viene presentata la nuova FG03 progettata da George Ryton, il nuovo direttore tecnico proveniente dalla Ferrari venuto in sostituzione di Sergio Rinland, che ha lasciato il team. La nuova monoposto però non viene utilizzata in qualifica: Badoer e Montermini scendono ancora in pista col modello vecchio e non riescono a qualificarsi.

A Imola, finalmente, una FG03 viene costruita in tempo per scendere in pista: il pilota prescelto per guidarla è Luca Badoer, che, dopo una rottura del suo propulsore Cosworth il venerdì mattina, riesce ad ottenere un tempo che è abbondantemente al di sotto del limite del 107%, a soli 7/10 di secondo dalla Footwork di Ricardo Rosset. Dopo essersi assicurato la qualificazione, Badoer cede la sua monoposto a Montermini, ma il pilota emiliano non ce la fa a qualificarsi in extremis per problemi di accensione. Badoer porta a termine in Gran Premio in decima posizione, staccato di quattro giri da Damon Hill, ma i suoi tempi sul giro non sono lontani rispetto a quello delle Minardi e di Rosset. Per Montecarlo, anche Montermini può disporre del modello nuovo, e sia lui che Badoer riescono a qualificarsi tranquillamente. Sfortunatamente Montermini non può schierarsi al via del Gran Premio: la domenica mattina piove, e durante il warm-up supplementare esce di pista all'uscita del tunnel, distruggendo la macchina; il team non ha una vettura di scorta, e così Andrea è costretto a dare forfait. Dopo una buona partenza, in cui evita tutti gli incidenti, Badoer comincia a perdere terreno: sta per essere doppiato per la sesta volta quando entra in collisione con Villeneuve. E' il ritiro per entrambi: Luca viene ritenuto responsabile dell'incidente, e viene punito con 5000 dollari di multa e la sospensione per tre gare con la condizionale.

A Barcellona, per il Gran Premio di Spagna, le vetture appaiono in una nuova livrea bianca rossa e verde, questo perché Guido Forti ha trovato finalmente un nuovo partner societario, la Shannon Racing Team, una società irlandese che fa parte del gruppo finanziario FinFirst. La Shannon ha acquistato il 51% delle quote societarie, e sembra in grado di poter garantire finalmente quella sicurezza economica che dopo l'addio di Diniz era venuta meno. Il cambiamento societario non porta fortuna ai due piloti che mancano entrambi la qualificazione: una occasione perduta in quanto al termine del Gran Premio arrivano soltanto sei vetture. In Canada ed in Francia, le Forti riescono a qualificarsi stando ben al di sotto del tempo limite. In gara però in entrambe le circostanze le due monoposto si fermano per guasti meccanici o elettrici. A Montreal finisce il breve sodalizio con Cesare Fiorio, destinato a passare alla Ligier. Intanto, iniziano i primi problemi fra la Shannon e Guido Forti: infatti, durante la prima sessione di prove libere, Badoer e Montermini non avevano girato. Una tattica già usata dal team per risparmiare materiale e che nel team si spiega con l'arrivo solo parziale dei soldi promessi dalla Shannon. I motori infatti erano arrivati ormai al limite di chilometraggio, e la Forti non aveva più i fondi per avere dei nuovi propulsori dalla Cosworth.

La partecipazione al Gran Premio di Gran Bretagna resta in dubbio fino all'ultimo momento, poi la Forti si presenta nel paddock. Le due vetture però restano ferme per tutto il week-end nei box, sui cavalletti, effettuando soltanto un paio di giri in qualifica per evitare la multa da parte della FIA. In fin dei conti, poco male, in quanto il team non avrebbe i motori per la gara... Il team fa la stessa cosa anche ad Hockenheim, ma stavolta le vetture non vengono neppure assemblate. Ormai è scontro tra le due parti societarie: Guido Forti sostiene che la pendenza con la Cosworth sia direttamente legata al fatto che la Shannon, proprietaria del 51% delle quote azionarie della società, non ha pagato quanto regolarmente pattuito. La Forti passa ai fatti, andando al Tribunale di Milano a chiedere il sequestro conservativo delle quote azionarie, ritenendo annullata l'operazione con la Shannon che a sua volta, in un suo comunicato stampa, esprime la volontà di sostituire l'amministratore unico, ovvero Guido Forti. Che non ci sta e ribatte: "La nostra squadra si chiama nuovamente Forti F.1 e basta, e dal prossimo Gran Premio le nostre macchine saranno nuovamente gialle. Ci sarà un nuovo sponsor che dovrebbe consentirci di proseguire per il resto della stagione."

Ma la squadra non riesce a risolvere i propri problemi finanziari, e, in previsione di pesanti multe da parte della FIA per aver saltato dei Gran Premi, Forti getta la spugna ed abbandona il mondiale. In settembre, i giudici danno ragione alla Shannon, che però nel frattempo si trova anch'essa in difficoltà, e così il team cessa di esistere. Finisce così un'era, quella dei piccoli team che tentavano il grande salto dalla Formula 3000 verso la Formula Uno speranzosi di poter ottenere dei risultati con poca esperienza nella massima categoria, ma con tanta buona volontà.